giovedì 28 giugno 2012

growth


la crescita.
so benissimo cos'è.

crescono le piante nei vasetti, e gli alberi in giardino, e i frutti sulle piante.
poi si fermano, e non c'è niente da fare, è la biologia, e se ne riparla l'anno prossimo.

crescono i bambini. restano bambini per tutto il tempo che serve, aderiscono a sé stessi finché qualcosa comincia a portarli altrove, pare sia l'età adulta, e non c'è niente da fare, è la vita, e se ne riparla forse, in casi rarissimi, quando un libro o un sapore o un odore squarciano il tempo e riportano qui l'infanzia.

crescono la cultura, la conoscenza, il sapere.
seguono l'insoddisfazione, o la curiosità, o il desiderio di oltrepassare il limite, e si espandono e approfondiscono finché si può, finché ce n'è, finché a un tratto si scopre che ciò che si sa è già parte di ciò che si è, e allora per un po' si resta, e per l'altro po' si cambia strada, ché c'è ancora molto da imparare.

crescono naturalmente le cose che sono vive, quelle che sono vitali, e poi naturalmente non crescono più, si fermano o aspettano: che il ciclo ricominci da capo, o che ritorni la voglia.

c'è poi un'altra crescita, a quanto sembra, e di questa invece non capisco nulla.
questa non riguarda le cose vive o vitali, ma quelle morte, le cose astratte e innaturali.
è quando si dice che occorrono dei provvedimenti per la crescita. che bisogna incentivare la crescita. che è necessario varare nuove politiche di crescita, ancora e ancora, ossessivamente, perché pare che la crescita si sia fermata, che non si cresca più.

ma a me sembra che le foglioline siano ben verdi, i frutti maturi anche quest'anno.
mi sembra che i bambini non smettano di regalare meraviglia, a ogni istante, a chi li osserva e li segue, nella crescita.
mi sembra che non ce la farò mai, a conoscere tutte le cose che ancora non so, e a insegnare tutte quelle che dovrei.

allora è invece solo di quell'altra crescita che ci si preoccupa, di quella dei consumi, di quella dei conti in banca, di quella che innesca corse folli in linea retta, niente cicli, verso dove non si sa. per crescere.

se è questa la crescita, però, bisognerà aggiornare i dizionari.
se è questa la crescita, però, mi sa che io preferisco decrescere.



mercoledì 20 giugno 2012

where's the crab?


ecco. ogni anno è la stessa storia.
all'inizio quasi non te ne accorgi. poi invece.

all'inizio arrivano da soli, o in piccoli gruppi, piazzano la loro roba un po' qua e un po' là, in colonie separate, dividono lo spazio in rettangoli colorati, e se lo prendono: lo abitano per un po', ci si rotolano, lo tengono d'occhio quando sono in acqua, poi ci tornano, si crogiolano su e giù ancora qualche volta, poi prendono tutto e se ne vanno, strascicando il passo, cotti e rilassati.

il giorno dopo ritornano. sono un po' di più.
poi ancora. sempre più numerosi.
le colonie progressivamente si espandono e si avvicinano, percettibili conquiste di scoglio libero, finché si crea un unico grande brulicante chiassoso insediamento di rettangoli colorati e montagne di oggetti di ogni genere - di gomma o plastica, per lo più.
a quel punto però io non ci sono già più, me ne sto lontano, all'ombra e all'asciutto, nascosto, finché non passa la baraonda, e se oso mettere fuori le chele è solo per un attimo, una corsetta ansiosa verso il prossimo rifugio, e poi basta, si aspetta che passi, si aspetta l'autunno.

ma adesso è ancora presto. me ne sto qui ancora un pochino, a difendere il mio buchetto in pieno sole, a fare le bolle nell'acqua fresca e pura, prima che la soffochi l'odiosa patina di olio profumato. me ne sto qui e resisto, ché tra giugno e settembre in fondo ci sono solo due mesi di delirio.






martedì 12 giugno 2012

a breath of yellow wind


le estati di quando si è piccoli.
a ripensarci adesso prendono la forma fantastica di grandi bolle di aria fresca e luminosa, con un sacco di cose dentro.
ne trovo proprio oggi una bella descrizione di Tostoini, qui: "le biciclette, le magliette a righe, gli alberi su cui arrampicarsi, la frutta da mangiare, le ginocchia perennemente distrutte, le esplorazioni".
mesi interi in cui la vita prendeva un'altro ritmo, frenetico di avventure incredibili, e anche lentissimo, di lunghi pomeriggi caldi, a lasciar passare la noia e il tempo, scandito dal frinire incessante delle cicale in giardino.
avevo anch'io la frutta dagli alberi, le ginocchia sbucciate, e poi la capanna da costruire con le cassette della verdura e le coperte vecchie, e il libro delle vacanze, sempre ultimo dopo un sacco di altri libri, e i gelati, e i fumetti, e tanta acqua - acqua del mare, acqua della piscina, acqua da dare alle piante e anche un po' dovunque nell'orto del nonno.

ma io avevo una cosa che gli altri bambini non avevano: io avevo il miele (e occasionalmente anche sciami d'api a raccolta).
la smielatura cominciava presto la mattina. annunciata dal convergere a casa di tutta la famiglia, qualche giorno prima. il nonno coordinava i lavori, e mamma, papà, zie e zii di vario grado eseguivano obbedienti, ultimo anello della catena produttiva dopo che le operaie, e tutto l'alveare, avevano finito con le prime fasi.
trasporto dei telaini, disopercolazione col lungo coltello a lama piatta (e ciucciatura del miele rimasto nella cera a opera dei più piccoli di noi), smielatura nella grande centrifuga (e ciucciatura della colata di miele prima che arrivasse nel secchio), e poi filtratura, invasamento, etichettatura, e chiusura dei barattoli.
e le parole, a cercare di ricordarle con esattezza per trascriverle qui, aiutano a recuperare l'odore che aveva l'appartamento-laboratorio, e il sapore di quel miele, che non ho ritrovato più.

una volta ho disegnato le etichette per i barattoli: apine e cellette a matita.
una volta rientrando da un'avventura ho trovato la casa che ronzava. ronzava davvero, le pareti e il soffitto ricoperti di api, indispettite chissà perché.
una volta, per ciucciare la cera, la mia prozia (che non aveva proprio più l'età) ha messo in bocca anche un'ape, che l'ha punta sulla lingua facendola gonfiare così.

una volta in realtà non lo sapevo, quanto tutto questo fosse prezioso.



lunedì 11 giugno 2012

se l'acqua scarseggia


in questo caso la papera, a dispetto del luogo comune, si sposta.
ecco forse ci mette un po' a capirlo, ma se davvero l'acqua non basta, se proprio un cambiamento è necessario, allora si organizza e riparte.
verso un'altra salina, uno stagno, un laghetto.

o, più probabilmente, verso il mare.

martedì 5 giugno 2012

controcampo


c'era un pesce nel cielo.
e un bimbo lanciato all'inseguimento
(con quattro ruote, per andare più veloce).

lunedì 4 giugno 2012

turista per casa



oggi ho visto diverse foto, che però non ho scattato.

lungo la strada un po' sconnessa della stazione, le due ragazze col velo islamico coloratissimo e reso ampio dalle borse che portavano sotto.
la zuffa di bambini a piazza duomo, per il pallone o la bicicletta a rotelle non so.
la morbida luce dorata del tramonto sul più mefitico polo petrolchimico del sud.
la silhouette perfetta (quasi etimologica), su un cavalcavia secondario dell'autostrada, di un carretto trainato da cavallo, alta e nera in controluce da sembrare un sogno.

non ho scattato perché ero attrezzata per prendere invece qualcosa che somigliasse a questa immagine. la cerco da un po', me la figuro, e somiglia, anche se non è lei.
la prossima volta meglio.

l'essere apolide mi mette nella bizzarra posizione per cui da un lato invidio coloro che riescono a raccontare il proprio posto, i propri luoghi restituendone lo spirito, l'odore narrativo in quel modo unico e rarissimo che sa di casa (come fa Nino Vetri in Lume lume, che ho letto d'un fiato ieri notte); dall'altro però posso a volte godere del raro piacere dello stupore anche davanti agli angoli più familiari, agli scorci più abituali e soliti.

sperando così di riuscire prima o poi in una mescolanza nuova, che purifichi lo sguardo e alleggerisca le parole.