post noiosissimo, su cose vecchie.
ci ho messo un punto.
ho appena finito di scrivere un saggio da pubblicare su una rivista di studi internazionali. roba importante, si direbbe, e invece in realtà è solo uno strascico, uno sfilaccio, un arretrato dalla vecchia vita, quella che so che non è più per me (ma lo è mai stata?).
lo so già da un po' che così non funziona. non ci si può trascinare dietro il pensiero di un lavoro (che non è lavoro) per anni, raccogliere materiali per mesi, prepararsi mentalmente all'impatto in maniera sempre più intensa e sofferta man mano che la scadenza per la consegna si avvicina, e poi incatenarsi alla sedia e fare uno sforzo immane per tirare fuori dieci cartelline pulite, ordinate, e forse persino di qualche interesse (circoscritto, naturalmente, limitatissimo al ristretto novero di specialisti e appassionati). non è facile, poi, cercare di sciogliere il viluppo dei pensieri e della scrittura, che nel frattempo si è tutta accartocciata, stropicciata, raggrinzita perché è mancata quell'unica cosa essenziale, che è il credere in ciò che si fa (e che tramite la scrittura si dovrebbe voler comunicare). la passione si spegne, se non è nutrita, e non vale tentare di convincersi che se è passione autentica si alimenta da sé, per il solo fatto di essere. non funziona così, così è umiliante.
una persona cara, finissima lettrice, dice che si capisce che nella scrittura ultimamente mi manca l'entusiasmo, e ha ragione. le ultime cose che ho scritto cominciano con una reticenza manifesta, e poi riducono il commento, stringono asciugano e (arrancando) corrono, corrono verso la fine, verso il punto, quando posso finalmente ricominciare a respirare.
tempo fa ho letto di una bella proposta, l'autore e il luogo sono scivolati via nella memoria, ma la sostanza me la ricordo: suggeriva di includere, nei saggi di ricerca, anche il racconto di come è nata la ricerca, l'aspetto umano, intimo e finalmente autentico del lavoro che ha portato infine alla pagina scritta. ecco, quest'ultima volta ho provato a fare così, l'entusiasmo è perduto, ma almeno ho provato a dire il cuore ancora vivo e vero del come e del perché mi sono messa a scrivere, e la fatica, e i dubbi, e le risposte che non ho trovato, e il confine che non ho voluto oltrepassare, quando il commento sarebbe diventato un inutile blaterare su cose già chiare. e nell'astenermi dal fare critica letteraria, di quella deteriore, ho provato una sensazione strana, come se per un istante la scrittura si fosse finalmente dispiegata, allineata, e ripulita.
che sarà anche una delle ragioni per cui forse il saggio verrà respinto.
Nessun commento:
Posta un commento