mercoledì 19 settembre 2012

street wisdom


è un modo di dire regionale, caratterizza un certo tipo di lucida e rassegnata saggezza popolare isolana, con lievi differenze: se a est è solitamente riferito alle pulci, queste diventano pidocchio man mano che ci si sposta verso ovest.
come tutti i detti di antica e misteriosa tradizione, può avere infinite sfumature di senso, ma normalmente esprime - e allo stesso tempo denuncia - un disonesto ribaltamento nel giusto ordine di priorità, per cui la minuzia, il dettaglio, la conseguenza secondaria sostituiscono, per calcolo malevolo o astuzia retorica (più raramente per mera incapacità interpretativa), il problema principale, il vero nucleo significativo, la questione importante. in tal modo spostando artatamente il centro della faccenda, che viene completamente fraintesa, e pertanto diventa impossibile da risolvere: con enorme vantaggio di quei soggetti che di fatti importanti dovrebbero occuparsi in modo concreto e radicale, e che invece trovano più conveniente tessere complicati grovigli intorno al nulla.
il pidocchio (o la pulce) con la tosse dà di solito il meglio di sé in campagna elettorale, o nelle accademie, ma soprattutto trova il proprio terreno di coltura ideale in cauti interventi riformistici e in ogni azione volta a preservare lo status quo.

... niente, è proprio vero: la lingua siciliana a volte offre esempi di sintesi e profondità talmente fulgidi da risultare intraducibili.

mercoledì 5 settembre 2012

a northern tale # 7 odd creatures

si dice che in certe regioni trovino dimora esseri magici.
si dice che il piccolo popolo abiti qui. e che alcune pietre mantengano ancora le sembianze di antichi troll.


il mondo si organizza in strane forme, da queste parti, e invita a lo sguardo a giocare un po', tra creature immaginate e animaletti reali, benché improbabili.



martedì 4 settembre 2012

a northern tale # 6 counting sheep

spesso può accadere, lungo il cammino, di incontrare più pecore che persone.

ma capita anche che, in mezzo al nulla incontrastato, qualcuno abbia piazzato un distributore automatico di bibite. e un tavolo, e le panche, per i viandanti più stanchi.


lunedì 3 settembre 2012

a northern tale # 5 the shape of water and winking rocks

è un posto in cui gli elementi naturali non si contemplano, ma si comportano, e incessantemente agiscono, e mutano, e giocano.

l'acqua, ad esempio.
qui diventa evidente che, contrariamente a quanto si dice, l'acqua non prende la forma che le viene data, ma corre e si rimescola, si tuffa, si placa, si nasconde, e in certi rari casi rivela il respiro della terra.

mentre un dio divertito lascia la propria immagine ammiccante sulla roccia.


giovedì 30 agosto 2012

mercoledì 29 agosto 2012

venerdì 27 luglio 2012

il libraio


qualche giorno fa è mancato il signor Giordano. era sua la libreria Aleph a Palermo. e adesso non so.

uomo coltissimo e libraio indipendente, nel senso più profondo del termine: di colui che non afferisce ad alcuna catena di librerie; e che sceglie indipendentemente da - e spesso in aperto contrasto con - proposte editoriali main stream, roboanti best seller, effimeri instant book, e via così completamente infischiandosene del potere commerciale di queste e altre angliche doppie parolette che definiscono l'editoria dei tempi recenti.

era un libraio che sceglieva. che creava il suo personale discorso sul banco e sugli scaffali, accostando in modo originale e mai scontato piccoli (piccolissimi) e grandi editori, libri di catalogo e ultime uscite, volumi pregiati di gusto raffinatissimo e librettini utili da leggere in poco tempo.
capace come pochi di dare il consiglio giusto, di assistere il lettore, e anche di liquidare in modo sbrigativo e asciutto lo sprovveduto che gli avesse chiesto l'ultimo successo di vendite o che, peggio, gliene avesse tessuto le lodi.
soprattutto, sempre felicemente disposto a chiudere per un po' il volume in cui era immerso tutte le volte che entravamo in libreria, per parlarci di quello o di un altro libro, e per discutere, confrontare, approfondire, e regalarci perle di gustosa saggezza, o di ironia, se anche noi avessimo voluto passare in libreria un po' più del tempo necessario per l'acquisto.

questo tempo diverso era proprio parte della nostra decisione di andare da Aleph e non altrove, e non sul sito di una libreria online. un po' di tempo buono, per la conversazione, mentre ti aggiri tra gli scaffali e ti confronti con la scelta che un bravo libraio, di tradizione, di cultura, ha fatto per te, perché la mediazione è appunto questo.
il che accadeva ormai, negli ultimi tempi, alquanto di rado.
perché vuoi mettere gli sconti del grosso rivenditore? e vuoi mettere trovare tutto quello che cerchi con un solo click, tempi di spedizione dichiarati e rispettati? e vuoi mettere trovare tutto quello che cerchi con un solo click e averlo all'istante sul tuo lettore ebook?
a prezzo, è vero, di limitare l'acquisto a ciò che si cerca, appunto, e di rinunciare alla merce più preziosa che è possibile trovare in libreria, ovvero la scoperta casuale, l'inattesa apertura su orizzonti completamente nuovi.

così, lettori forti, anzi fortissimi ed esigenti, abbiamo vissuto negli ultimi mesi in questa contraddizione imbarazzante, di clienti che sanno cosa è giusto e utile da un lato, e che però dall'altro non possono - non sanno - rifiutare i vantaggi offerti da un cambiamento troppo profondo perché sia possibile ignorarlo.
cosa che il signor Giordano non faceva; era anzi ben consapevole dei processi in atto, dei guai e delle difficoltà e di quanto fosse dura inventarsi un nuovo modo di essere libraio. e che però sembrava lasciarlo in parte indifferente, parimenti consapevole che, in fondo, il suo l'aveva già fatto, i suoi clienti affezionati tornavano a trovarlo con una cadenza sufficiente per continuare a tenere aperta l'Aleph, e poi non sarebbe mancato molto alla pensione, e poi si sarebbe visto.

poi, però.
e invece.

un'altra riflessione seguirà, per mettere in ordine un po' di idee su libri e editoria.
qui invece fermo il senso profondo di una perdita. e la gratitudine.
buona serata, signor Giordano.


giovedì 12 luglio 2012

starfish and sea urchins: if self security is never enough


per chi crede che vivere in un'area marina protetta sia abbastanza, per sentirsi al sicuro.
e per chi (come me) pensava che scattare sott'acqua fosse semplice.

mercoledì 4 luglio 2012

folktales' night


quando Walter Benjamin descrive il narratore, di lui dice, tra molte altre cose in un breve saggio perfetto, che "il suo modello è l’uomo che sa orientarsi sulla terra senza avere troppo a che fare con essa".

non sempre si riesce a cogliere il senso più giusto delle parole di Benjamin, il significato esatto del suo divagante complesso argomentare. però a volte, in rare fortunate occasioni, può invece capitare di vivere situazioni uniche, che quel senso lo descrivono e realizzano proprio in quanto accadono.

è più o meno ciò che ci è successo, a me e all'amica di sempre, nella caldissima notte delle fiabe a Villa Amari, un giardino incantato dalle parti di mare, a Palermo.
l'idea era che i partecipanti al laboratorio sulla fiaba condotto da Alberto Nicolino concludessero il loro percorso narrando una storia, secondo una sequenza orchestrata in modo essenziale, in uno spazio incantevole e che, davvero, sembrava stare sulla terra senza però avere troppo a che fare con essa.

l'idea era questa. la realtà è stata invece un po' diversa.
perché nonostante l'inesperienza, o la timidezza, o la voce che all'inizio trema, o è troppo bassa, o le parole che a volte proprio non vengono, o il filo che a tratti si smarrisce: nonostante tutto questo, i narratori hanno narrato, la fiaba millenaria ci ha presi e portati altrove, la narrazione ha fatto l'incantesimo. ed è stato bellissimo.

soprattutto, per la prima volta mi è sembrato di vedere chiaramente alcune delle caratteristiche della fiaba che, da letture di proppiana, calviniana, rodariana memoria, conoscevo ma stavano laggiù in fondo, da qualche parte, mischiate e confuse con tante troppe teorie e teoriche.

primo: la fiaba è unitaria, il suo funzionamento è basato su una coerenza estrema, asciuttissima, addirittura rigida, che conduce l'immaginazione dritta al punto in cui la narrazione si scioglie. niente fronzoli, né divagazioni: i rami secondari sono secchi, e tolgono solo linfa alla pianta.

secondo: la magia della fiaba è nella parola. nel suo uso preciso, ripetitivo, che struttura e nello stesso tempo stuzzica la memoria, che àncora l'immaginazione nel momento stesso in cui le consente di spiccare il volo.

terzo: la fiaba è realistica, è crudele a volte. racconta la vita l'amore la malattia la vecchiaia la morte, spietatamente, senza abbellimenti, senza leziosaggini, senza moderni buonismi. non servono.

quarto: gli antichi, i contadini, le nonne tutte queste cose le sapevano, e nella narrazione tramandavano conoscenza e saggezza.

sempre secondo Benjamin, "l'arte di narrare volge al tramonto perché vien meno il lato epico della verità, la saggezza. Ma si tratta di un processo che ha origini lontane. E nulla potrebbe essere piú sciocco che vedere in esso solo un 'fenomeno di decadenza', per non dire un fenomeno 'moderno'; mentre è solo un fenomeno concomitante di forze produttive storiche, secolari, che a poco a poco ha espulso la narrazione dall'ambito del discorso vivo e insieme fa percepire una nuova bellezza in ciò che svanisce".

ecco. a me è sembrato che nella notte delle fiabe sia accaduta una cosa completamente diversa, che una saggezza codificata tanto tempo fa fosse di nuovo lì, in grado di parlarci e muoverci, e che al posto della nuova bellezza di ciò che svanisce ce ne fosse un'altra, antica e intatta.

giovedì 28 giugno 2012

growth


la crescita.
so benissimo cos'è.

crescono le piante nei vasetti, e gli alberi in giardino, e i frutti sulle piante.
poi si fermano, e non c'è niente da fare, è la biologia, e se ne riparla l'anno prossimo.

crescono i bambini. restano bambini per tutto il tempo che serve, aderiscono a sé stessi finché qualcosa comincia a portarli altrove, pare sia l'età adulta, e non c'è niente da fare, è la vita, e se ne riparla forse, in casi rarissimi, quando un libro o un sapore o un odore squarciano il tempo e riportano qui l'infanzia.

crescono la cultura, la conoscenza, il sapere.
seguono l'insoddisfazione, o la curiosità, o il desiderio di oltrepassare il limite, e si espandono e approfondiscono finché si può, finché ce n'è, finché a un tratto si scopre che ciò che si sa è già parte di ciò che si è, e allora per un po' si resta, e per l'altro po' si cambia strada, ché c'è ancora molto da imparare.

crescono naturalmente le cose che sono vive, quelle che sono vitali, e poi naturalmente non crescono più, si fermano o aspettano: che il ciclo ricominci da capo, o che ritorni la voglia.

c'è poi un'altra crescita, a quanto sembra, e di questa invece non capisco nulla.
questa non riguarda le cose vive o vitali, ma quelle morte, le cose astratte e innaturali.
è quando si dice che occorrono dei provvedimenti per la crescita. che bisogna incentivare la crescita. che è necessario varare nuove politiche di crescita, ancora e ancora, ossessivamente, perché pare che la crescita si sia fermata, che non si cresca più.

ma a me sembra che le foglioline siano ben verdi, i frutti maturi anche quest'anno.
mi sembra che i bambini non smettano di regalare meraviglia, a ogni istante, a chi li osserva e li segue, nella crescita.
mi sembra che non ce la farò mai, a conoscere tutte le cose che ancora non so, e a insegnare tutte quelle che dovrei.

allora è invece solo di quell'altra crescita che ci si preoccupa, di quella dei consumi, di quella dei conti in banca, di quella che innesca corse folli in linea retta, niente cicli, verso dove non si sa. per crescere.

se è questa la crescita, però, bisognerà aggiornare i dizionari.
se è questa la crescita, però, mi sa che io preferisco decrescere.



mercoledì 20 giugno 2012

where's the crab?


ecco. ogni anno è la stessa storia.
all'inizio quasi non te ne accorgi. poi invece.

all'inizio arrivano da soli, o in piccoli gruppi, piazzano la loro roba un po' qua e un po' là, in colonie separate, dividono lo spazio in rettangoli colorati, e se lo prendono: lo abitano per un po', ci si rotolano, lo tengono d'occhio quando sono in acqua, poi ci tornano, si crogiolano su e giù ancora qualche volta, poi prendono tutto e se ne vanno, strascicando il passo, cotti e rilassati.

il giorno dopo ritornano. sono un po' di più.
poi ancora. sempre più numerosi.
le colonie progressivamente si espandono e si avvicinano, percettibili conquiste di scoglio libero, finché si crea un unico grande brulicante chiassoso insediamento di rettangoli colorati e montagne di oggetti di ogni genere - di gomma o plastica, per lo più.
a quel punto però io non ci sono già più, me ne sto lontano, all'ombra e all'asciutto, nascosto, finché non passa la baraonda, e se oso mettere fuori le chele è solo per un attimo, una corsetta ansiosa verso il prossimo rifugio, e poi basta, si aspetta che passi, si aspetta l'autunno.

ma adesso è ancora presto. me ne sto qui ancora un pochino, a difendere il mio buchetto in pieno sole, a fare le bolle nell'acqua fresca e pura, prima che la soffochi l'odiosa patina di olio profumato. me ne sto qui e resisto, ché tra giugno e settembre in fondo ci sono solo due mesi di delirio.






martedì 12 giugno 2012

a breath of yellow wind


le estati di quando si è piccoli.
a ripensarci adesso prendono la forma fantastica di grandi bolle di aria fresca e luminosa, con un sacco di cose dentro.
ne trovo proprio oggi una bella descrizione di Tostoini, qui: "le biciclette, le magliette a righe, gli alberi su cui arrampicarsi, la frutta da mangiare, le ginocchia perennemente distrutte, le esplorazioni".
mesi interi in cui la vita prendeva un'altro ritmo, frenetico di avventure incredibili, e anche lentissimo, di lunghi pomeriggi caldi, a lasciar passare la noia e il tempo, scandito dal frinire incessante delle cicale in giardino.
avevo anch'io la frutta dagli alberi, le ginocchia sbucciate, e poi la capanna da costruire con le cassette della verdura e le coperte vecchie, e il libro delle vacanze, sempre ultimo dopo un sacco di altri libri, e i gelati, e i fumetti, e tanta acqua - acqua del mare, acqua della piscina, acqua da dare alle piante e anche un po' dovunque nell'orto del nonno.

ma io avevo una cosa che gli altri bambini non avevano: io avevo il miele (e occasionalmente anche sciami d'api a raccolta).
la smielatura cominciava presto la mattina. annunciata dal convergere a casa di tutta la famiglia, qualche giorno prima. il nonno coordinava i lavori, e mamma, papà, zie e zii di vario grado eseguivano obbedienti, ultimo anello della catena produttiva dopo che le operaie, e tutto l'alveare, avevano finito con le prime fasi.
trasporto dei telaini, disopercolazione col lungo coltello a lama piatta (e ciucciatura del miele rimasto nella cera a opera dei più piccoli di noi), smielatura nella grande centrifuga (e ciucciatura della colata di miele prima che arrivasse nel secchio), e poi filtratura, invasamento, etichettatura, e chiusura dei barattoli.
e le parole, a cercare di ricordarle con esattezza per trascriverle qui, aiutano a recuperare l'odore che aveva l'appartamento-laboratorio, e il sapore di quel miele, che non ho ritrovato più.

una volta ho disegnato le etichette per i barattoli: apine e cellette a matita.
una volta rientrando da un'avventura ho trovato la casa che ronzava. ronzava davvero, le pareti e il soffitto ricoperti di api, indispettite chissà perché.
una volta, per ciucciare la cera, la mia prozia (che non aveva proprio più l'età) ha messo in bocca anche un'ape, che l'ha punta sulla lingua facendola gonfiare così.

una volta in realtà non lo sapevo, quanto tutto questo fosse prezioso.



lunedì 11 giugno 2012

se l'acqua scarseggia


in questo caso la papera, a dispetto del luogo comune, si sposta.
ecco forse ci mette un po' a capirlo, ma se davvero l'acqua non basta, se proprio un cambiamento è necessario, allora si organizza e riparte.
verso un'altra salina, uno stagno, un laghetto.

o, più probabilmente, verso il mare.

martedì 5 giugno 2012

controcampo


c'era un pesce nel cielo.
e un bimbo lanciato all'inseguimento
(con quattro ruote, per andare più veloce).

lunedì 4 giugno 2012

turista per casa



oggi ho visto diverse foto, che però non ho scattato.

lungo la strada un po' sconnessa della stazione, le due ragazze col velo islamico coloratissimo e reso ampio dalle borse che portavano sotto.
la zuffa di bambini a piazza duomo, per il pallone o la bicicletta a rotelle non so.
la morbida luce dorata del tramonto sul più mefitico polo petrolchimico del sud.
la silhouette perfetta (quasi etimologica), su un cavalcavia secondario dell'autostrada, di un carretto trainato da cavallo, alta e nera in controluce da sembrare un sogno.

non ho scattato perché ero attrezzata per prendere invece qualcosa che somigliasse a questa immagine. la cerco da un po', me la figuro, e somiglia, anche se non è lei.
la prossima volta meglio.

l'essere apolide mi mette nella bizzarra posizione per cui da un lato invidio coloro che riescono a raccontare il proprio posto, i propri luoghi restituendone lo spirito, l'odore narrativo in quel modo unico e rarissimo che sa di casa (come fa Nino Vetri in Lume lume, che ho letto d'un fiato ieri notte); dall'altro però posso a volte godere del raro piacere dello stupore anche davanti agli angoli più familiari, agli scorci più abituali e soliti.

sperando così di riuscire prima o poi in una mescolanza nuova, che purifichi lo sguardo e alleggerisca le parole.

sabato 26 maggio 2012

la scrittura stropicciata


post noiosissimo, su cose vecchie.

ci ho messo un punto.
ho appena finito di scrivere un saggio da pubblicare su una rivista di studi internazionali. roba importante, si direbbe, e invece in realtà è solo uno strascico, uno sfilaccio, un arretrato dalla vecchia vita, quella che so che non è più per me (ma lo è mai stata?).

lo so già da un po' che così non funziona. non ci si può trascinare dietro il pensiero di un lavoro (che non è lavoro) per anni, raccogliere materiali per mesi, prepararsi mentalmente all'impatto in maniera sempre più intensa e sofferta man mano che la scadenza per la consegna si avvicina, e poi incatenarsi alla sedia e fare uno sforzo immane per tirare fuori dieci cartelline pulite, ordinate, e forse persino di qualche interesse (circoscritto, naturalmente, limitatissimo al ristretto novero di specialisti e appassionati). non è facile, poi, cercare di sciogliere il viluppo dei pensieri e della scrittura, che nel frattempo si è tutta accartocciata, stropicciata, raggrinzita perché è mancata quell'unica cosa essenziale, che è il credere in ciò che si fa (e che tramite la scrittura si dovrebbe voler comunicare). la passione si spegne, se non è nutrita, e non vale tentare di convincersi che se è passione autentica si alimenta da sé, per il solo fatto di essere. non funziona così, così è umiliante.

una persona cara, finissima lettrice, dice che si capisce che nella scrittura ultimamente mi manca l'entusiasmo, e ha ragione. le ultime cose che ho scritto cominciano con una reticenza manifesta, e poi riducono il commento, stringono asciugano e (arrancando) corrono, corrono verso la fine, verso il punto, quando posso finalmente ricominciare a respirare.

tempo fa ho letto di una bella proposta, l'autore e il luogo sono scivolati via nella memoria, ma la sostanza me la ricordo: suggeriva di includere, nei saggi di ricerca, anche il racconto di come è nata la ricerca, l'aspetto umano, intimo e finalmente autentico del lavoro che ha portato infine alla pagina scritta. ecco, quest'ultima volta ho provato a fare così, l'entusiasmo è perduto, ma almeno ho provato a dire il cuore ancora vivo e vero del come e del perché mi sono messa a scrivere, e la fatica, e i dubbi, e le risposte che non ho trovato, e il confine che non ho voluto oltrepassare, quando il commento sarebbe diventato un inutile blaterare su cose già chiare. e nell'astenermi dal fare critica letteraria, di quella deteriore, ho provato una sensazione strana, come se per un istante la scrittura si fosse finalmente dispiegata, allineata, e ripulita.

che sarà anche una delle ragioni per cui forse il saggio verrà respinto.

mercoledì 23 maggio 2012

focus


difficile a volte mettere a fuoco il centro... soprattutto quando tira vento.

lunedì 21 maggio 2012

when the going gets tough the tough get going (almost)

hey! did you say "tough"? did you say it?


... mmm yes, well... next time, perhaps...

sabato 19 maggio 2012

a red pixie



quest'anno mi sono persa la primavera.

inesorabile, la vita ha messo su una maschera un po' più dura e non è valso a molto il tentativo di far finta di nulla. è stato necessario lasciare che passasse. e solo ora mi ritrovo stanca e piegata, appesantita, come dopo un inverno troppo lungo.

me l'ha rivelato un folletto rosso che ho visto l'altro giorno. andava di fretta, con le orecchie alate e l'abito scintillante della festa... ma quale festa?
come quale festa? è primavera, no? bisogna recuperare lo slancio in avanti, rimettere in libertà tutti i sensi, scappare a mare appena si può, fare ordine dentro e fuori e ricominciare a progettare perché, se non altro, ciò che arriva non può che essere migliore.

e così, la primavera provo a riprendermela in questa manciata di giorni che ancora restano. e provo a inseguire il folletto, col passo leggero e lo sguardo attento.

venerdì 18 maggio 2012

a dropped ball

il 15 maggio sarebbe dovuto andare un po' diversamente.

solo un po', intendo, perché sì, la giornata è stata faticosa, e sì, sono partita la mattina da siracusa per andare a lavorare a catania e poi finalmente rilassarmi la sera a palermo, zaino in spalla e tanta pazienza, e insomma non è stato proprio il giorno che avrei sperato di dedicare alla fotografia documentaria, nel senso primitivo del termine, di piccola testimonianza della mia privatissima micro-storia (oh il refuso: avevo scritto provatissima, ma sull'errore tipografico rivelatore di una profonda verità magari scriverò un'altra volta).
perché questo era più o meno il progetto di http://www.aday.org/ a cui mi sarebbe tanto piaciuto partecipare.

ecco, il 15 maggio ho avuto una giornata non proprio ideale, però in effetti mi capita di viverne così da più di un anno, e quindi poco male, sarebbe bastato indossare il proverbiale buon viso e approfittare delle tante cose da fare e dei tanti volti da incontrare, e del viaggio, e dei luoghi da attraversare, e scattare, e trasformare un giorno duro in un gioco leggero.

sarebbe bastato, solamente, ricordarmi di portare con me la macchina fotografica, in questo giorno quasi normale in cui, come sempre, sono stata in ritardo su tutto, sin dalla mattina. sin dal momento di riempire lo zaino: libri quaderno computer portafogli chiavi cellulare sprayperl'asma. e basta. niente macchina fotografica. damn.

così, oggi ho caricato sulla mia pagina dell'aday solo due foto (oltretutto bruttine) fatte il 15 maggio, a tarda sera, a testimonianza di come non è stato ma sarebbe potuto essere. le incollo anche qui, con la loro storiella triste sotto.


This is the story of a nice opportunity missed (# 1). 
On may 15th I've been travelling Sicily, were I live and work, from east to west: starting from Siracusa, I went to Catania to teach and then moved to Palermo, were I live with my boyfriend. But I was late in the morning, and just forgot my camera: thus missing so many good pictures I could have taken. So, this is what remains of me that day: my rickety backpack, tired as I was, and the feeling I had dropped the ball. 


This is the story of a nice opportunity missed (# 2). 
Second part of what-I-would-have-liked-to-do-on-may15th-but-I-didn't: cameras and tripods, my love and me, somewhere along the Sicilian shores, taking beautiful landscape pictures. Well, we'll do better next time.

sabato 5 maggio 2012

quando ero un pirata


... oppure un lupo, o un temporale, o un albero secolare...
ieri il blog di Topipittori presentava così il libro Quand j'etais loup (Editions Gautier-Longuerau, 2003), di Philippe Lechermeier, con illustrazioni di Sacha Poliakova. il libro è un bellissimo tentativo di ricordarsi, ovvero di ricordare il sé, di richiamare alla memoria un'epoca lontana, che è quella dell'infanzia, della fantasia sfrenata e dei felici ruzzoloni dell'immaginazione.

sempre ieri, un servizio delle Iene presentava "il governo dei bambini".
commoventi, esilaranti, devastanti.
questi ragazzini testimoniano qualcosa, e ci vuole un po' per capire di cosa si tratti. non è solo la logica spiazzante del ragionamento, il buonsenso semplice e innocente, il guizzo di follia dietro gli occhialoni o il compiacimento del giocare a inventare storie assurde davanti alla camera e agli adulti, magari microfonati e vestiti di nero. non è solo questo.

ciò che colpisce, e che voglio provare a ricordare, è l'impressione che resta dopo: la sensazione lucidissima di aver perduto delle cose, nel percorso verso la vita adulta, e che queste cose fossero invece tutte lì, evidenti in quei bambini che giocavano a fare le leggi, con gli occhi spalancati e sinceri sul loro parlamento inventato e verissimo.

forse davvero a sette anni sapevo già tutto. e da quella pienezza potevo guardare al mondo adulto come a un bizzarro sistema estraneo, inutilmente complicato e davvero poco attraente.
e forse è lì che bisognerebbe tentare di ritornare, a quando eravamo talmente noi stessi da poter essere con perfetta coerenza e verisimiglianza anche lupo, o pesce, o tempesta, o pirata...


venerdì 4 maggio 2012

il cominciamento


to breathe, v. i e t. 1. respirare, vivere; 2. prendere fiato; [...] 4. emanare, diffondere intorno a sé; 5. mormorare, sussurrare; 6. ispirare, infondere.

ecco qui.

perché mi serve una stanza tutta per me, e ho deciso di ignorare l’evidente contraddizione del renderne pubblico il contenuto.

perché ho paura che ad accumulare le cose non dette, quelle non riflesse, quelle non scritte, poi si finisca per non saperle più.

perché scrivevo come respiravo, tanto tempo fa, ma è come col nuoto: se non ti alleni il respiro diventa corto e affannato.

perché forse la passione non è spenta, ma ha solo bisogno di aria fresca.

perché un blog, io? mai!

ecco.

ecco perché.